Un infinito universo immobile

“È dunque l'universo uno, infinito, inmobile. [...] Sotto la comprensione de l’infinito non è parte maggiore e parte minore; perché alla proporzione de l’infinito non si accosta più una parte quanto si voglia maggiore che un’altra quanto si voglia minore; e però [perciò] ne l’infinita durazione [durata] non differisce la ora dal giorno, il giorno da l’anno, l’anno dal secolo, il secolo dal momento. [...] Alla proporzione, similitudine, unione ed identità de l'infinito non più ti accosti con essere uomo che formica, una stella che un uomo; perché a quello essere non più ti avvicini con essere sole, luna, che un uomo o una formica; e però nell'infinito queste cose sono indifferenti.” (Bruno, De la causa, principio et uno)



In questo estratto Bruno descrive la propria concezione dell'Universo: un cosmo in cui si possono ritrovare caratteristiche di diversi autori che lo hanno preceduto. L'universo per Bruno è uno, immobile e omogeneo, esattamente come l'essere di Parmenide; Bruno lo descrive poi con una serie di negazioni che rimandano a Plotino, per il quale l'Uno è ineffabile. Dopodiché il filosofo propone un ragionamento singolare: ogni cosa, elemento, parametro finito è piccolo allo stesso modo se confrontato con l'infinità dell'Universo. Partendo da questa tesi è comprensibile come per Bruno ogni elemento di questo universo debba essere ugualmente amato "con furore": non c'è al suo interno qualcosa di più o meno importante. Lo stesso uomo non deve considerarsi un essere privilegiato, un "impero nell'impero", per dirla con Spinoza, (tanto che Bruno arriverà a descrivere l'intelligenza umana come una funzione del corpo), ma ciò che egli deve fare è sentirsi parte dell'infinita armonia insita nell'universo.
Scritto da Jonata


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