Sonata per pianoforte n. 14 in Do diesis minore, Op. 27 n. 2 "Al chiaro di luna"

Scheda tecnica

Nome in altre lingue: Sonate pour piano nº 14 de Beethoven; Piano Sonata No. 14; মুনলাইট সোনাটা; Sonata per a piano núm. 14; Klaviersonate Nr. 14

Compositore: Beethoven, Ludwig van

Opus/Numero di catalogo: Op.27 No.2

Tonalità: Do diesis minore

Movimenti/Sezioni:

  1. Adagio sostenuto (Do diesis minore)
  2. Allegretto - Trio (Re bemolle maggiore)
  3. Presto agitato (Do dieesis minore)

Anno/Data di composizione: 1802

Prima edizione: 1802

Dedica: Gräfin Giulietta Guicciardi

Durata media: 15-16 minuti

Periodo del compositore: Classico

Stile del brano: Classico

Strumentazione: pianoforte

(fonte: https://imslp.org/wiki/Piano_Sonata_No.14%2C_Op.27_No.2_(Beethoven%2C_Ludwig_van))


Barenboim introduce la sonata "Al chiaro di luna"


Guida all'ascolto

E in effetti non solo la Sonata inizia con un Adagio sostenuto, ma si apre con una indicazione rivelatrice del modo nuovo di pensare il suono del pianoforte. Quando Beethoven scrive «si deve suonare tutto questo pezzo delicatissimamente e senza sordino», non dice semplicemente che il pezzo va suonato facendo uso del pedale di risonanza, ma anche che l'uso del pedale deve combinarsi con un certo modo di attaccare il tasto. La scelta, rarissima in Beethoven, della tonalità di do diesis minore, la posizione manuale eterodossa (pollice e mignolo sui tasti neri), la stessa particolare disposizione delle idee musicali che favorisce il rafforzamento di certe risonanze armoniche interne e la felicissima invenzione melodica condotta secondo libere asimmetrie, ancora una volta assai rare in Beethoven, fanno del Chiaro di luna un'opera di tale novità da giustificarne l'enorme fortuna presso il pubblico e da spiegarne, in ragione della eccezionaiità della concezione, la sua deformazione postuma in chiave di estenuato sentimentalismo. Del primo movimento della Sonata e della sua peculiare sonorità pianistica, Hector Berlioz fa cenno in un articolo del 1837 poi raccolto in A travers chants: «La mano sinistra dispiega dolcemente larghi accordi di un carattere solennemente triste, la cui durata consente alle vibrazioni del pianoforte di spegnersi gradualmente su ognuno di loro; sopra, le dita inferiori della mano destra eseguono un disegno arpeggiato di accompagnamento ostinato la cui forma quasi non muta dalla prima all'ultima battuta, mentre le altre dita fanno sentire una specie di lamento, efflorescenza melodica di questa oscura armonia». Il gentile ritmo ternario dell'Adagio trova il suo naturale respiro cantabile all'interno d'una semplice forma tripartita, A - B - A', in cui la sezione centrale, variando il movimento delle terzine di crome dell'accompagnamento, suona come un delicato svolgimento modulante della sezione principale. La ripresa del tema avviene all'insegna di impercettibili mutamenti di luce e di una lieve intensificazione dell'espressione, mentre la breve coda conclusiva insiste sull'inciso iniziale della melodia eseguito al basso a guisa di un pedale da cui si stacca e su cui ricade per due volte il movimento delle terzine, così come si era ascoltato nell'episodio centrale. Definito una volta da Liszt «un fiore fra due abissi», l'Allegretto in re bemolle maggiore ha le dimensioni e il carattere espressivo rasserenato di un intermezzo che, con la grazia danzante del suo tema e la simmetria della forma, sembra rievocare certo stile galante del Settecento. Sulla fragilità crepuscolare dell'Allegretto sì abbatte invece con inaudita violenza l'impetuoso dilagare del Presto agitato conclusivo, in cui quanto di represso era nei tempi precedenti, e nell'Adagio sostenuto in ispecie, sembra erompere con un empito di rabbiosa energia. Costruito in forma-sonata, il Presto agitato si basa su due temi di carattere fra loro contrastante. Al primo tema in do diesis minore - un energico arpeggio che sale fino a schiantarsi su un accordo violentemente ribattuto - segue (sempre in modo minore) un secondo tema dal profilo ansiosamente incalzante. Tre codette portano dapprima alla ripetizione letterale dell'Esposizione, quindi allo Sviluppo, nel quale entrambi i temi vengono ripresentati e opportunamente trasfigurati. Nella Ripresa Beethoven, fra il prolungamento del primo tema e la ripresa del secondo, omette la ripetizione del ponte modulante, sortendo l’effetto, invero mirabile, di avvicinare, fino a toccarsi, i principi opposti d’opposizione e di implorazione di cui i due temi sono espressione. Necessità retorica vuole quindi che le tre codette conducano alla sua naturale conclusione il discorso musicale. Conclusione che Beethoven però allontana con una coda estremamente audace in cui, all’ennesima violenta ripercussione dell’accordo del primo tema, la stessa materia musicale sembra frantumarsi in una impressionante serie di accordi arpeggiati di settima diminuita. La ripresa del secondo tema ha un effetto straniante e rinvia ulteriormente la conclusione del movimento. Una nuova serie di arpeggi e una scala cromatica aventi carattere di cadenza approdano a due battute con l’indicazione «Adagio», in cui il precipitoso moto del finale sembra arrestarsi, per quindi finalmente dar luogo all’ultima, impetuosa volata del tema principale, che la Sonata conclude con la perentoria violenza del suo accordo ribattuto.



Spartiti

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