Quatuor pour la fin du temps

Guida all'ascolto

È nel campo di prigionia a Stalag di Görlitz, in Slesia, che Messiaen compone il “Quatuor pour la fin du temps”, “Quartetto per la fine del tempo”, scritto, come dice lo stesso Messiaen, “per i musicisti e gli strumenti che avevo, per così dire, sotto mano; pianoforte, violino, violoncello, clarinetto”. Il brano venne eseguito per la prima volta il 15 gennaio 1941 da Etienne Pasquier (violoncellista), Henry Akoka (clarinettista) e Messiaen insieme a Jean Le Boulaire, giovane violinista che i tre, dopo essere stati catturati insieme, avevano conosciuto una volta arrivati al campo di prigionia. Nessuno di loro morì per le atrocità naziste: dei quattro solo Akoka era ebreo: finì ad Auschwitz, ma sopravvisse -, morirà di cancro il 22 novembre 1975. Tuttavia, dopo la guerra non si rivedranno mai più tutti assieme.
Si è detto che Messiaen intitolò il proprio brano Quartetto per la fine del tempo. Ora, il titolo non è riferito al termine del periodo di prigionia (Messiaen anni dopo rivelerà di aver spiegato, prima dell’esecuzione, “che il Quartetto era scritto per la fine del tempo, senza alcun gioco di parole con il tempo della prigionia”). Ciò che il compositore intende affrontare, invece, sono i problemi che riguardano gli infiniti modi di intendere, comprendere e usare il tempo (il tempo psicologico, musicale, ecc.): Messiaen ne era affascinato, e in tutte le proprie composizioni ha sempre prestato un’enorme attenzione a come utilizzare il tempo.
Egli associa al proprio quartetto anche un estratto dal libro dell’Apocalisse: il passo in cui viene annunciato che “non vi sarà più dilazione di tempo”: niente annunciata l’eternità. Nell’eternità i problemi legati al tempo non esistono perché il tempo non esiste.
Ma che cosa intende Messiaen per tempo? Una possibile risposta la potremmo trovare nell’indicazione agogica che egli da all’inizio del 5° movimento: infinitamente lento, estatico. Dunque, un tempo che si perde in un’infinita lentezza: sembrerebbe quasi un paradosso per la Musica - essa nasce, si evolve, si sviluppa nel tempo. Ma la Musica non vive solo nel tempo esteriore, essa alberga soprattutto nel modo in cui la nostra mente si relaziona ad essa in funzione del tempo, “nella continua conversione dell’avvenire nel passato” che avviene anche durante l’ascolto. Nell’ascolto, la musica quando nasce è già morta; tuttavia, essa rimane nella memoria e, proprio in quanto ricordo, proietta la coscienza umana verso l’ascolto della frase musicale successiva.
Un grande insegmento di Messiaen, questo… un insegnamento non solo musicale, ma anche umano: ricordiamo! 

Scritto da Jonata



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