
Più Classici a scuola? Calma...
I classici e la scuola. Per poter discutere e ragionare sul loro rapporto è necessario anzitutto intendersi su ciò di cui si stia parlando. Certo, definire con chiarezza che cosa siano i classici non è un compito semplice: perfino Calvino ha avuto bisogno di ragionamenti sottili per dire con precisione cosa sia un classico. Tuttavia, prendendo come punto di riferimento il pensiero del filosofo M. Cacciari, il quale sostiene che i classici sono ciò che ci permette di stare, di rimanere, di resistere alla fluidità del nostro passato, si potrebbe affermare che un classico è ciò che mette in relazione il nostro tempo col passato. Pertanto i classici sono qualcosa che ci avvicinano al passato, anzi, che ci fanno sentire un tutt'uno con esso. Attraverso i classici la nostra vita e la storia assumono un senso - una logica di cui noi stessi ci sentiamo parte. È inutile ricordare, inoltre, che ogni persona poi trova il tipo di classici che meglio le si confanno e non c'è dunque una lista rigida e universale di classici.
La scuola in tutto ciò che cosa dovrebbe fare? Ebbene, questa sicuramente non è una domanda semplice. Sarebbe troppo facile liquidarla dicendo che a scuola si dovrebbero leggere più classici. Bisogna infatti tener presente che, come appena detto, non vi sono classici che vadano bene per tutti e poi la loro lettura necessita in ogni caso di una introduzione, di una preparazione. Il loro studio attraverso manuali quindi non può essere eliminato: senza questo non potrebbero essere ben compresi neppure i classici stessi. Per chiarire meglio questo concetto si può ricorrere a un esempio. La Fenomenologia dello spirito di Hegel, un'opera capitale del pensiero, potrebbe essere considerata un classico. La sua lettura è certamente interessantissima, ma incomprensibile se non si ha prima acquisito qualche nozione di filosofia.
Sarebbe altrettanto banale, tuttavia, affermare che non ci sia niente da cambiare nella scuola. Per comprendere però che cosa debba essere trasformato è necessario procedere per piccoli passi.
Oggi si ha la possibilità di accedere a una quantità incredibile di informazioni grazie alla rete. Moltissimi classici e non solo sono reperibili gratuitamente in internet, cosa che fino a qualche decennio fa sarebbe stata impensabile. Ora, nel momento in cui si guarda al problema da questo punto di vista, ecco che il tutto deve essere ricondotto a un panorama più ampio: la mancanza di curiosità e di voglia di approfondire. In rete ad esempio vi sono centinaia di conferenze interessantissime sui temi più svariati: storia, filosofia, economia, musica e molto altro. Eppure pochi le ascoltano: i mezzi per informarsi e incuriositi ci sono, la volontà no. A questo punto, se manca l'interesse per dei video di un'ora, quaranta minuti, o a volte addirittura di mezz'ora, non stupisce che non ci si appassioni a dei libri che richiedono molta più pazienza per essere letti. Si è detto infatti che un classico è qualcosa che connette passato e presente. E chi dice che questo qualcosa debba per forza essere un libro? Vi sono, come si è detto, decine e decine di lezioni, ad esempio di Barbero o di Gargano, che sono delle vere e proprie perle che hanno la capacità di immergere l'ascoltatore nelle vicende raccontate. Ma, in questo senso, anche l'arte e molto altro è qualcosa che riconnette il passato al presente.
Ma torniamo a noi. Che cosa dovrebbe fare la scuola in tutto questo? Ebbene bisognerebbe cercare di far comprendere ciò che hanno fatto, pensato, creato i grandi del passato ripercorrendo il percorso e i pensieri attraverso cui loro stessi sono giunti al risultato che è da noi conosciuto. Un esempio può chiarire le idee. L'iperuranio platonico viene solitamente spiegato come un semplice mito inventato di sana pianta dal grande allievo di Socrate e non come il tentativo di quest'ultimo di "vedere con la mente l'essenza delle cose", per dirla con G. Reale. Dunque a scuola Platone appare molto spesso come un inventore di fantasticherie più che come un attento indagatore della realtà. Conseguentemente, sarà difficile che nasca l'interesse per ciò che Platone era e ciò che ha fatto: non si comprende in tal modo il senso autentico della sua Filosofia. Così dunque ciò che la scuola dovrebbe tentare di fare è la spiegazione dei grandi geni del passato e dei loro capolavori attraverso la loro logica e non la nostra. È ovvio invece che non potrà mai esservi un interessamento verso qualcosa se non si sa che cosa sia questo qualcosa, o non lo si sa bene.
In conclusione si può dire che un classico può essere capito e ci si può appassionare solo se si comprende il contesto in cui è stato generato: esso è, per dirla con Hegel, "il tempo [dell'autore] appreso nel pensiero."