La certezza sensibile

Il sapere immediato

La prima tappa della Fenomenologia dello Spirito, ovvero del libro che introduce alla Scienza (ossia il Sistema filosofico di Hegel), è il sapere immediato: la certezza sensibile. Si noti come l'immediatezza debba essere intesa, al pari di molte altre parti della Fenomenologia dello Spirito, e in senso temporale (cioè come istantaneità) e in senso logico (ossia come non-mediazione).


Nella certezza sensibile vi è un oggetto e chi conosce l'oggetto (l'Io). Tale sapere si presenta inizialmente come racchiuso in un oggetto afferrabile immediatamente dall'Io. Pertanto, l'Io vuole cogliere la verità dell'oggetto con un atto immediato - pretende cioè di afferrare il Questo. Va sottolineato che anche l'Io è un Questo, è un Questo che vuole afferrare immediatamente l'altro Questo: l'uno cioè è certo dell'altro non perché abbia sviluppato ragionamenti, pensieri ecc. né perché l'altro abbia una struttura particolarmente articolata; la certezza di un tale sapere immediato è data solo dalla stessa “immediatezza semplice.” “Io, questo, sono certo di questa Cosa.”

Si noti però come sia l'Io sia l'oggetto non siano solo "in modo immediato" ma sono anche dei mediati, ognuno è quel che è solo mediante l'altro: “Io ho la certezza [...] mediante la Cosa, e a sua volta la Cosa è nella certezza mediante [...] Io.” In altri termini, posti due elementi c'è per forza il loro rapporto, la loro mediazione. Detta con un proverbio: non c'è due senza tre. Ciò palesa come questo sapere non possa rimanere nell'immediatezza. 

Vediamo dunque come questa sua esigenza interna si estrinseca. In che cosa consiste l'immediatezza di un tale sapere? Qual è la sua essenza? Ebbene, l'essenziale in tale rapporto è l'oggetto. Invece chi conosce l'oggetto è l'inessenziale: l'Io infatti è "un sapere che sa l'oggetto solo perché l'oggetto è": l'oggetto è quel che è a prescindere “dall'essere saputo”.

Si è detto che l'oggetto è un Questo. Per "Questo" deve intendersi il Qui e l'Ora - questa penna è la penna che è qui e ora. Tuttavia, questa definizione risulta fallace. Poniamo che l'Ora della suddetta penna sia "il giorno" e il suo Qui sia "sul tavolo". Se io però porto la penna di notte sul letto ecco dunque che la verità che credevamo di aver afferrato "è divenuta stantìa". L'errore sta nel fatto che l'Ora e il Qui (e dunque anche l'oggetto) non sono degli immediati: al contrario sono dei mediati. Essi non sono né il giorno, né la notte, né il tavolo né il letto: dunque sono un non essere il giorno, la notte ecc. Quindi essi sono mediante il fatto di non essere un Qui o un Ora particolare: sono cioè degli universali.

A questo punto si potrebbe pensare che anche nel linguaggio non venga comunicata la verità. Invece, nel linguaggio, semplicemente si enunciano degli universali e non si pretende di cogliere la verità dell'oggetto nel Questo: "Noi diciamo: «Questo», cioè il Questo universale". 

Invece l'"opinione di questa certezza sensibile" si ostina ad afferrare immediatamente il sapere. Poiché però l'oggetto (che doveva essere l'essenza dell'immediatezza di una tale conoscenza) si è dissolto nell'universale e l'universale è un non essere l'oggetto, bisogna porre ora l'essenza del sapere immediato nell'oggetto "in quanto [...] mio [...]: l'oggetto è perché Io so di esso".



A questo punto dunque la verità della certezza sensibile è posta in ciò che inizialmente si è indicato come inessenziale: in chi sa l'oggetto - nell'Io. "l'Ora è giorno perché Io lo vedo." Tuttavia, anche l'Io è in realtà un universale esattamente come il Qui e l'Ora: l'Io è mediante il fatto di non essere questo o quell'altro Io particolare.

Dunque si pone l'essenza del sapere immediato nell'intero rapporto fra i due Questo. Hegel fa, a tal proposito, un esempio eccezionalmente chiaro: "Io, questo Io, affermo dunque il Qui come albero e, affinché il Qui non mi divenga un non-albero, non mi volto. Né m'importa che un altro Io veda il Qui come un non-albero, né mi interessa che Io stesso abbia preso in precedenza il Qui come un non-albero e l'Ora come un non-giorno. Io sono intuizione pura e per quanto mi riguarda, resto di questo avviso: l'Ora è giorno, il Qui è albero; non metto nemmeno a confronto l'uno con l'altro il Qui e l'Ora, ma mi attengo fermamente a questo rapporto immediato: l'Ora è giorno."

A questo punto dunque è necessario farci mostrare un tale rapporto immediato. È cioè necessario che ci si ponga nella stessa prospettiva dell'io così che esso possa indicarci il Qui e l'Ora che intende. Poniamo dunque che ci venga mostrato l'Ora: nel momento in cui viene indicato, l'Ora è già passato. Allora l'Io afferma che ciò che intendeva è l'Ora che ha indicato, l'Ora che è stato e che, adesso, non è più. Tuttavia in questo modo si sosterrebbe che l'Ora non è. Questo però è contraddittorio rispetto a quel che l'Io asseriva inizialmente, ossia che l'Ora non è un non-essere. Quindi l'Io rimuove l''Ora come “essere stato”: anche adesso dunque l'Ora è. Tuttavia dopo tutto ciò l'Io non è semplicemente ritornato all'Ora immediato da cui è partito. Ha fatto invece esperienza dell'Ora come un universale che ha in sé la molteplicità di molti Ora: "e questo è il vero Ora, l'Ora come giorno semplice che ha in sé molti Ora, cioè molte ore, e ciascuna di queste ore ha a sua volta molti minuti, e ciascuno di questi a sua volta molti Ora, ecc." Analogamente il Qui è un universale che ha in sé molti Qui.

A questo punto è palese che la verità della certezza sensibile è l'universale. Ma l'universale viene comunicato nel linguaggio. Esso infatti comunica solo il vero della certezza sensibile. Ma nel momento in cui si assume l'oggetto com'è in verità, lo si prende per vero, cioè, si percepisce.

Scritto da Jonata

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