I suoni armonici

Un'introduzione

Ma una nota è solo una nota?

Ogni volta che ci sono 440 vibrazioni al secondo si otterrà un la.

Ma quello che noi chiamiamo La, è solo un La? Ebbene, nessuna nota è pura, cioè nessuna nota è solo se stessa. Essa produce una successione di altre note le cui frequenze sono multipli della nota stessa.

Ora, ogni suono produce lo stesso numero (potenzialmente infinito) di questi suoni, detti armonici. Tuttavia, poiché il nostro orecchio è in grado di percepire fino a un massimo di 20.000 vibrazioni al secondo, noi non sentiamo ogni nota allo stesso modo: percepiamo le note a frequenza più bassa più ricche a causa del maggior numero di armonici a noi udibili; al contrario quelle più acute risulteranno più povere.

La percezione degli armonici richiede un certo tempo, sicché per cogliere tutti gli armonici di una nota grave occorre più tempo che per percepire tutti gli armonici di una nota acuta, risultando quest'ultima più immediata della prima.


La musica vera è solo dal vivo!

Una tale disamina ci consente di capire perchè la musica dal vivo non sarà mai sostituibile con le registrazioni: è impossibile registrare (ancor prima di riprodurre) tutta la ricchezza di ogni suono, cioè tutti i suoni armonici, né tanto meno le onde sonore di interferenza (che in un'orchestra possono arrivare sino a 10.000) che essi creano.


Oltre a questa breve parentesi (che però è importante tenere bene a mente) riguardo l'insostituibilità dell'esecuzione dal vivo, i suoni armonici ci consentono anche di introdurre un altro aspetto fondamentale che ci fa proseguire nel nostro percorso: gli intervalli, ossia la distanza fra due note (per ora considerate non simultaneamente).


La quinta

La quinta ascendente

Nella successione dei suoni armonici il terzo è la prima nota che differisce in maniera sostanziale da quella di partenza. Il terzo armonico dunque è la prima evoluzione di quest'ultima, la sua prima transizione verso ciò che è altro da sé, la transizione da ciò che essa è a ciò che non è. Costituendo un tale cambiamento, l'intervallo secondo-terzo armonico è il più tensivo fra tutti: esso è la quinta ascendente, ossia un'ascensione di 5 note - l'intervallo che va da un do a un sol, ad esempio, è una quinta ascendente (do re mi fa sol).

Ciò che è importante sottolineare e ribadire è il suo forte significato tensivo: il passaggio da una nota alla sua quinta crea una sorta di suspence, se così si può dire. La tensione infatti non è altro che il non sapere cosa sta per accadere ed esser curiosi di scoprirlo: una sorta di punto interrogativo musicale. Proponiamo qui a fianco alcuni esempi di quinta ascendente.

La famosissima serenata Eine kliene Nachtmusik ci fornisce un ottimo esempio di come l'intervallo di quinta ascendente faccia rimanere l'ascoltatore col fiato sospeso in attesa di quello che seguirà. Di fatti, il primo episodio musicale di questa serenata termina proprio con un intervallo di quinta ascendente, in cui Mozart interpone una terza nota, che tuttavia non sconvolge il significato tensivo della quinta ascendente in mezzo a cui si trova.

Inoltre tale intervallo è seguito dal silenzio, che contribuisce ad aumentare ulteriormente la tensione, poiché esso è posto laddove si ha l'ansia di trovare una risposta musicale e sonora al punto interrogativo posto dalla quinta ascendente.


La quinta discendente

Se si fa il procedimento inverso, dunque, se si passa dal terzo armonico, dalla nota "evoluta", al secondo armonico, non si sta andando verso una novità, verso il futuro di una nota, bensì verso il suo passato, si sta passando da ciò che la nota non è a ciò che essa è.

Si ottiene in questo modo una perdita di tensione, una distensione, un rilassmento, una conclusione in qualche modo: da una nota che si avverte come estranea si torna alla nota rispetto a cui la precedente nota è avvertita come estranea e anomala. L'effetto che si ottiene è un dissolvimento della tensione, un ritorno al conosciuto, alla quiete: una sorta di punto fermo musicale.


L'ottava

Finora si sono considerate le note nella loro unicità. Pertanto, quando si è parlato di do, sol ecc. si è presupposto che vi sia solo un do, solo un sol ecc. Tuttavia, vi sono più note con lo stesso nome che però hanno differente frequenza e quindi altezza. Come mai allora hanno lo stesso nome?

Semplicemente perchè sembrano la stessa nota: se si sovrappongono infatti due note che hanno lo stesso nome ci si accorgerà come si faccia molta fatica a distinguerle, cosa che non è vera per nessuna sovrpposizione di note con nome differente. Di seguito si può pprezzre quanto appen detto.

Ora si può capire anche perchè prima si sia detto che il terzo armonico è la prima nota sostanzialmente diversa da quella di partenza: il secondo armonico ha sì un'altezza diversa rispetto al primo, tuttavia esso è la stessa nota. L'intervallo fra il primo e il secondo armonico, ossia la distanza fra due note omonime successive è detto ottava.


L'altezza

Ma soprattutto ora si può prendere in considerazione nella sua complessità un ulteriore fattore che può aumentare o diminuire la tensione fra le note: l'altezza.

Si è detto che l'intervallo di quinta ha di per sè un determinato significato tensivo o distensivo (a seconda che sia ascendente o discendente). Ora, per aumentare ancor di più o diminuire la sua tensione può accadere che le due note dell'intervallo vengano poste in ottave diverse, e cioè che una delle due note sia sostituita con una a sè omonima (ma con altezza diversa). Così, l'intervallo, in quanto distanza di altezza fra le note, muterà per forza (non sarà più cioè un intervallo di quinta); tuttavia, il suo significato tensivo, dato dal legame tensivo originario che lega le due note dell'intervallo nella serie degli armonici, rimarrà sostanzialmente invariato.

Poniamo dunque che nel passaggio da una nota x a una y, nella serie degli armonici, si verifica una perdita di tensione: ora, se, anzichè passare dalla nota x alla y, si passa dal secondo armonico della nota x (che è, come detto, una nota diversa dalla x ma ha lo stesso nome) alla nota y, si verificherà in ogni caso una perdita di tensione. In altre parole, in linea di massima, non è possibile che passando da un do a un sol si verifichi una perdita tensione.

Di seguito si propone un esempio di quanto spiegato: dapprima si ascolterà un intervallo di quinta discendente che, come abbiamo visto, tra le successioni di due note, è quella in cui si verifica la massima perdita di tensione; dopodichè, si ascolterà l'intervallo fra la nota omonima alla prima ascoltata (ma con una frequenza inferiore, che è cioè un'ottava più bassa) e la stessa seconda nota della precedente quinta discendente: il significato tensivo sarà simile.

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