L'atonalità e la dodecafonia sono due sistemi armonici introdotti nella composizione nella prima metà del XX secolo da compositori d'avanguardia. Prima di spiegare in cosa consistano, è bene precisare di cosa si tratti il sistema armonico che si era usato fino a quel momento (e che continuerà comunque ad essere utilizzato ininterrottamente fino ai giorni nostri).

Come ci suggerisce la parola stessa, a-tonalità sta a significare una privazione della tonalità. Quest'ultima fu introdotta a partire dal primo periodo Barocco - anche se si parlava ancora sostanzialmente di modalità -. Fu perfezionata e assunse i caratteri che oggi conosciamo nel periodo classico e romantico. Veniamo adesso alla parte tecnica.

Per capire il suo funzionamento dobbiamo tener conto dei sette suoni che compongono una scala diatonica. Per facilitare il compito mostreremo tutti i suoni di una scala attraverso i tasti del pianoforte:


Ora, prendiamo la scala più semplice, quella di do maggiore (sono infatti 24 i tipi di scale possibili), ovvero solo i tasti bianchi del pianoforte (DO RE MI FA SOL LA SI DO...) e attribuiamo loro un grado (primo, secondo, terzo e così via); ogni grado della scala assume un'importanza: è attorno al primo, chiamato tonica (da cui deriva il nome tonalità) che gravitano tutti gli altri gradi. Per schematizzare teniamo a mente questo percorso: alla tonica segue il quarto grado (detto sottodominante), il quale è attratto dal quinto grado (dominante), il quale a sua volta è attratto dalla tonica. In sostanza, armonicamente, accade questo: I - IV - V - I. Tutti e sette i suoni assumono una di queste tre funzioni. Si viene a creare, quindi, un sistema gerarchico dei suoni. Naturalmente mi sono cimentato fare una semplificazione del sistema tonale, il cui funzionamento è complesso e ricco di regole.

Ancora oggi nella musica leggera che tutti conosciamo e apprezziamo viene utilizzata la tonalità. È importantissimo far notare che in questo sistema sono predominanti gli accordi (giustapposizione di suoni) consonanti. Ciò vuol dire delle combinazioni di suoni gradevoli all'orecchio, che suscitano stabilità nell'ascoltatore. Infatti, nel linguaggio figurato, indichiamo come consonanti due o più persone o cose che presentano certe affinità.

Come ho accennato prima, il sistema tonale abbraccia secoli della storia della musica fino alla fine del XIX e inizio del XX secolo. Sostanzialmente possiamo dire che i compositori romantici componevano usando appieno la musica tonale (Beethoven, Schubert, Schumann...); va detto però che i tardo-romantici, come per esempio Brahms, Mahler e Wagner (dalla metà dell'Ottocento) cominciavano ad assumere un gusto maggiore nei confronti della dissonanza; infatti vedevano in essa un potere espressivo insito proprio nella sua sorpresa e instabilità in grado di suscitare. È in questo contesto che assistiamo alla "emancipazione della dissonanza" (l'opposto della consonanza succitata). È importante citare questo processo per comprendere meglio la rivoluzione attuata nel secolo successivo nell'armonia.

Questa crescente predilezione nei confronti di sonorità innovative, in netto contrasto con la tradizione, rivelavano un certo sentimento di sfiducia progressiva nei confronti della tonalità: per molti compositori agli albori del XX secolo la tonalità aveva terminato le possibilità di ispirarli, non aveva più molto altro da dir loro. Una voce più delle altre si ergeva a comunicare questo fermento: quella di Arnold Schönberg (1874-1951), compositore viennese. Queste introduzioni innovative colpirono il panorama musicale mondiale come un fulmine a ciel sereno, dividendo l'opinione pubblica in due fazioni: chi riteneva queste teorie folli eresie dalla vita breve e gli altri che le osannavano indicandole come la strada maestra da seguire. Stiamo parlando dell'atonalità, la quale, come già accennato, mette in discussione tutti i precetti gerarchici della musica tonale; a seconda, grosso modo del gusto e della sensibilità dell'autore. In largo uso agli albori del secolo. La reazione più genuina che ha l'ascoltatore nei confronti della musica atonale e i suoi accordi dissonanti è un senso di instabilità e incomprensione. Egli infatti è abituato al rassicurante percorso, che per quanto possa essere arduo, si concluderà inevitabilmente con la destinazione (consapevole o inconsapevole in chi ascolta) coincidente con la tonica.

Centrale nella presente trattazione è però un linguaggio creato e sviluppato da Schönberg e i suoi più importanti allievi (Alban Berg e Anton Webern): la dodecafonia, branca, se vogliamo, dell'atonalità. Il primo esempio, sebbene ancora abbastanza grezzo, della dodecafonia applicata alla composizione lo possiamo ritrovare nei cinque pezzi facili per pianoforte op.23, composti tra il 1921 il 1923. Sporchiamoci le mani e cerchiamo di capirne qualcosa.

La dodecafonia, come ci suggerisce il nome, consiste in una sequenza di dodici suoni. Ricordiamoci l'immagine della scala del pianoforte qui sopra, ma prendiamo in considerazione stavolta tutti e 12 i tasti, ovvero anche quelli neri; parliamo in questo caso della scala cromatica. Il compositore quindi utilizza al posto della tonalità tutta la scala cromatica, in ordine del tutto arbitrario. Ciò che conta maggiormente è che nessun suono ha una prevalenza rispetto agli altri: tutti devono essere proposti nell'ordine scelto, e un suono non si può ripresentare finché tutti gli altri non siano stati utilizzati. A questo principio fondamentale, possono essere aggiunti dei costrutti che infittiscono e ravvivano la situazione, ovvero delle varianti:

  1. Il primo è il moto retrogrado. Tutti i suoni vengono proposti in ordine opposto rispetto alla sequenza dodecafonica scelta; dall'ultimo al primo.

  2. Moto contrario. La sequenza viene riproposta con gli intervalli tra le note invertiti (se per esempio le prime due note sono DO e SOL#, separati da un intervallo di sesta eccedente ascendente, vengono riproposte come sesta diminuita discendente).

  3. È possibile trasporre la serie su tutti gli altri undici suoni della scala cromatica.


Arriviamo in tutto, quindi, a quattro varianti in cui può essere proposta la serie, detta quadrinità (Vierfӓltigkeit). Queste varianti possono essere applicate anche tutte simultaneamente.


È assodato quindi lo scalpore senza precedenti che suscitò il nuovo modo di comporre. Ciò vuol dire che allora come oggi, il mondo accademico non ha riconosciuto nella sua totalità la valenza della dodecafonia e i suoi parenti; è la fazione contraria che si chiede, infatti, come mai, se la dodecafonia abbia rappresentato la via più luminosa del futuro, la musica popolare abbia continuato a sussistere in forma tonale. Non si è creata arbitrariamente una discrepanza insolubile tra le élite accademiche e di musicisti nei confronti di normali estimatori? È da riconoscere in questo ambito il principio del percorso di disconoscimento sempre maggiore della musica "colta" da parte della maggior parte della popolazione, che oggi considera più che mai la musica eseguita in un teatro datata e degna per lo più di essere rinchiusa in un museo ad attirare strati di polvere?

È universale però riconoscere il fenomeno nella sua esorbitante portata storica. Dobbiamo infatti ricordare che, nonostante la musica di Schönberg possa essere considerata sgradevole, non solo ha apportato una rivoluzione senza precedenti, ma dobbiamo contestualizzare tale musica nel complesso della situazione tragica dell'uomo moderno, nel pieno dopoguerra e alle porte di una più devastante seconda guerra mondiale. In un panorama artistico in cui Kandinsky ripudiava qualsiasi soggetto di natura reale e dipingeva figure geometriche senza nessun nesso apparente tra loro, in cui Kafka narrava di uomini tramutarsi in giganti insetti (al di fuori di ogni tipo di narrazione fantastica), in cui i poeti cominciavano a conoscere una poesia scevra da ogni tipo di rigore e canone sillabico e rimico...non deve sorprendere che nell'animo dei compositori si riversasse questo generale sentimento di instabilità e assurdità, producendo opere scioccanti e apparentemente deliranti.

Come per tutte le evoluzioni in ambito artistico, i cambiamenti non vengono introdotti con nessun preavviso o senza che qualcuno li abbia richiesti; ma, per quanto un cambiamento possa essere brusco, l'artista o il gruppo di artisti "afferra ciò che già si trova nell'aria", facendo approdare sulla carta ciò che è sentimento diffuso. Possiamo quindi definire l'evoluzione artistica come un processo speculativo, ovvero proveniente dal suo interno.


Non saltiamo a conclusioni affrettate se pensiamo che l'atonalità abbiamo scolpito un confine tra il presente/futuro e il passato: il secolo XX è organicamente ricco di stilemi musicali completamente diversi e conviventi. Oltre alla novizia musica atonale, sussistevano molti compositori inguaribilmente romantici, come Camille Saint-Saëns, che non poco ricalcitrava a stare al passo coi tempi; o gli inconfondibili compositori francesi, come Debussy e Ravel, i quali svilupparono un linguaggio innovativo ispirandosi alla pittura impressionista, utilizzando note estranee all'armonia; intanto nel Nuovo continente George Gershwin mischiava il jazz con la musica classica; Béla Bartok che, oltre alla musica atonale, attingeva alle canzoni popolari del proprio Paese; Edgar Varèse che tracciava un percorso sonoro di negazione del suono e l'esplorazione verso la musica elettronica; i pionieri come Saint-Saëns e Prokof'ev che musicavano l'appena nato mezzo cinematografico... E tutto ciò - e tanto altro - solo nella prima metà del Novecento (ancora precedente quindi alla scuola di Darmstadt). Nessuna di queste correnti che prevarica sulle altre.

Il confine, quindi, tra musica tonale e musica atonale è oltremodo obliterato: non c'è nessun modo di discernere un confine se non netto, in qualche modo che differenzi i compositori precedenti e posteriori l'invenzione della musica tonale e dodecafonia, o alcun tipo di raggruppamenti definiti in cui far rientrare i compositori operanti nello stesso periodo.


Ancor più arduo riesce il compito di una legittimazione del nuovo stile (nuovo non poi così tanto, avendo compiuto ormai cent'anni), come si potrebbe riscontrare nella musicologia contemporanea; ma, oltre a non essere il luogo opportuno per addentrarsi in simili controversie, la controversia stessa rischia di risultare capziosa e, anche se lucida nei suoi mezzi, non lungimirante artisticamente nei suoi fini.


Vito Nacci


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